martedì 30 aprile 2019

TRA PARENTESI






«Leggere è come pensare, come pregare, come parlare con un amico, come esporre le tue idee, come ascoltare le idee degli altri, come ascoltare musica (sì, sì) come contemplare un paesaggio, come uscire a fare una passeggiata sulla spiaggia».


Roberto Bolaño 

“TRA PARENTESI” ADELPHI 

Fra il 1998 e il 2003, con l’intensificarsi delle sue collaborazioni a giornali e riviste, Roberto Bolaño accumula una quantità rilevante di discorsi, interventi, recensioni. Sembra un effetto collaterale dell’idea compulsiva di scrittura a cui da sempre pagava il suo tributo. In realtà, come i lettori avranno modo di scoprire, Bolaño stava dando vita a qualcosa di diverso e imprevedibile: un autoritratto per frammenti d’occasione. Tale infatti si rivela subito Tra parentesi: i testi che vi sono radunati – alcuni ancora inediti – sono tutti dedicati a temi o a personaggi niente affatto incidentali nella carriera di Bolaño: il Cile, l’esilio, la poesia latinoamericana, la vita e le opere – reinventate in poche frasi – di Philip K. Dick e Burroughs, Nicanor Parra e Gombrowicz, Borges e Rodolfo J. Wilcock. Una divagazione alla volta, un’incursione dopo l’altra in territori noti a lui solo, questo libro diventa proprio il genere di opera che Bolaño pretendeva di odiare sopra ogni altra: un’autobiografia – qualcosa che, come lui stesso dice delle memorie di Ellroy, «finisce con un uomo solo che rimane in piedi ... Vale a dire, non finisce mai». Difficile immaginare un epitaffio più conseguente e più lusinghiero.


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