sabato 13 ottobre 2012

L'ALEPH


Perché Aleph ? Per la sua rifrangenza di significati, per le sue valenze multiple, per lo spessore simbolico e leggendario stratificato nel tempo. Per il suo mistero oscuro essendo cominciamento e fine, uno e tutto, finito e infinito. Per il suo significato araldico, paradigma di ogni cambiamento.
Per iniziare, Aleph-zero è un simbolo usato in matematica per indicare la cardinalità delle numerabilità, ovvero, il numero degli insiemi di un insieme finito. L'Aleph zero viene considerato il numero più piccolo che è possibile concepire, una sorta di atomo. E' tuttavia la prima lettera dell'alfabeto ebraico e il numero 1. E' L'UNO primordiale che contiene in sé tutti i numeri. Riveste un significato esoterico perla Cabala giudaica ma è anche la prima lettera dell'alfabeto arabo, fenicio, aramaico e siriano.
In filosofia è parente stretto della monade di Leibniz, filosofo e matematico del Settecento.
In letteratura Aleph è adottato dall'argentino Borges, lo scrittore della pluralità del senso e della biblioteca dell'universo, dei riflessi speculari tra cattedrali, labirinti e colonne surreali, sogni di sogni, parole chiaroscure, scacchiere del tempo. 
Per Borges esso è il punto di inizio verso il quale tutte le cose fanno ritorno e al quale tutte le cose tendono. E' INIZIO, TUTTO, FINE. L'UNO plotiniano dal quale tutto nasce e al quale tutto ritorna con la sua fine. 
Nel racconto di Borges Aleph è il punto nello spazio che contiene tutti gli altri punti. Chiunque fissi lo sguardo su di esso può vedere ogni cosa nell'universo da ogni angolo simultaneamente, senza distorsioni, sovrapposizioni, o confusione. A me fa venire in mente il verso dei Vangeli, credo Paolo: 
Videmus nunc per speculum in enigmate, tunc autem facie ad faciem"  
Ora vediamo le cose attraverso uno specchio, per enigmi, ma un giorno le vedremo faccia a faccia  (Paolo di Tarso Cor I,13,12)
Il racconto si pone in asse al tema dell'infinito presente in diverse opere di Borges come The Book of Sand. E' la storia dello scontro confronto tra due scrittori, tra rincorse a caccia di ispirazione e tormenti dell'anima e letterari senza fine. Si potrebbe trattare però, anche del racconto di un pazzo, persuaso dell'esistenza dell'Aleph nella cantina della propria casa.
La leggenda vuole che chi abbia guardato anche solo per una volta l'Aleph, non sia mai più lo stesso. 

NON CREDERE





Questo c'è da dire a chi nasce e a chi cresce...recuperare alla vista la bellezza e lo splendore, lavare, scrostare le "cortecce vive" perché non è vero che tutto è fango e rabbia e declino inesorabile. Portiamocelo addosso questo futuro della specie. Con gli occhi aperti. 


Bambina mia,

Per te avrei dato tutti i giardini


del mio regno, se fossi stata regina,


fino all’ultima rosa, fino all’ultima piuma.


Tutto il regno per te.




E invece ti lascio baracche e spine,

polveri pesanti su tutto lo scenario


battiti molto forti


palpebre cucite tutto intorno. Ira


nelle periferie della specie. E al centro 


ira.



Ma tu non credere a chi dipinge l’umano

come una bestia zoppa e questo mondo


come una palla alla fine.


Non credere a chi tinge tutto di buio pesto e


di sangue.  Lo fa perché è facile farlo.




Noi siamo solo confusi, credi.

Ma sentiamo. Sentiamo ancora.


Sentiamo ancora. Siamo ancora capaci


di amare qualcosa.



Ancora proviamo pietà.



Tocca a te, ora,

a te tocca la lavatura di queste croste


delle cortecce vive.




C’è splendore

in ogni cosa.  Io l’ho visto.


Io ora lo vedo di più.


C’è splendore.  Non avere paura.




Ciao faccia bella,

gioia piu’ grande.


L’amore è il tuo destino.


Sempre.  Nient’altro.


Nient’altro.  Nient’altro.





Mariangela Gualtieri

UN PO' DELLA TUA VOCE




Questi versi me li porto dietro dall'adolescenza. Letti più volte e ricopiati come un mantra salvifico. Per non dimenticare quelli che abbiamo incontrato e che hanno lasciato il segno. Oserei dire i maestri. Pochi.  "Un po' della tua voce risuona nel mio canto"...accade questo quando qualcuno ci ha insegnato. E diventiamo noi,  ma portiamo anche quello che abbiamo ammirato. Come un calco segreto. Non c'è oblio per la strana geometria dell'essere.  



Non saprai mai che la tua anima viaggia

come in fondo al mio cuore,

dolce cuore adottivo;


e che nulla, né il tempo,


gli altri amori, gli anni,


impediranno mai che tu sia stato.


Che la beltà del mondo ha già il tuo viso,


di tua dolcezza vive,


splende del tuo chiarore,


e all’orizzonte il pensieroso lago


narra soltanto la tua serenità.


Non saprai mai che porto la tua anima


come una luce d’oro che rischiara i passi;


che un po’ della tua voce


suona nel mio canto.


Dolce fiaccola i tuoi raggi,


dolce braciere la tua fiamma,


mi insegnano il cammino dei tuoi passi,


e un poco ancora vivi, perché ti sopravvivo.


 

MARGUERITE YOURCENAR



QUELLI COME ME







Quelli come te, che hanno due sangui diversi nelle vene, 

non trovano mai riposo né contentezza;

 e mentre sono là, vorrebbero trovarsi qua,

e appena tornati qua, subito hanno voglia di scappar via. 


Tu te ne andrai da un luogo all’altro, 


come se fuggissi di prigione, o corressi in cerca di qualcuno; 


ma in realtà inseguirai soltanto le sorti diverse che si mischiano nel tuo

 sangue, 

perché il tuo sangue è come un animale doppio, 


è come un cavallo grifone, come una sirena. 


E potrai anche trovare qualche compagnia di tuo gusto,


fra tanta gente che s’incontra al mondo; 


però, molto spesso, te ne starai solo. 


Un sangue-misto di rado si trova contento in compagnia: 


c’è sempre qualcosa che gli fa ombra, 


ma in realtà è lui che si fa ombra da se stesso, 


come il ladro e il tesoro, che si fanno ombra uno con l’altro.




(E. Morante)

venerdì 12 ottobre 2012

STANCHEZZA





Quello che c’è in me è soprattutto stanchezza

non di questo o di quello

e neppure di tutto o di niente:

stanchezza semplicemente, in sé,

stanchezza.


La sottigliezza delle sensazioni inutili,

le violente passioni per nulla,

gli amori intensi per ciò che si suppone in qualcuno,

tutte queste cose -

queste e cio’ che manca in esse eternamente -

tutto ciò produce stanchezza,

questa stanchezza,

stanchezza.

C’è senza dubbio chi ama l’infinito,

c’è senza dubbio chi desidera l’impossibile,

c’è senza dubbio chi non vuole niente -

tre tipi di idealisti, e io nessuno di questi:

perchè io amo infinitamente il finito,

perché io desidero impossibilmente il possibile,

perché voglio tutto, o ancora di più, se può essere,

o anche se non può essere…

E il risultato?

Per loro la vita vissuta o sognata,

per loro il sogno sognato o vissuto,

per loro la media fra tutto e niente, cioè la vita…

Per me solo una grande, una profonda,

e, ah, con quale felicità, infeconda stanchezza,

una supremissima stanchezza,

issima, issima, issima,

stanchezza…



(Alvaro de Campos)

giovedì 11 ottobre 2012

INTO THE WILD










"Not till we are lost, in other words, not till we have lost the world, do we begin to find ourselves, and realize where we are and the infinite extent of our relations."

« Solo quando ci siamo perduti, in altre parole, solo quando abbiamo perduto il mondo, cominciamo a trovare noi stessi, e a capire dove siamo, e l'infinita ampiezza delle nostre relazioni. »

(Henry David Thoreau, Walden ovvero Vita nei boschi)


Walden ovvero Vita nei Boschi di Henry David Thoreau (1845-1847) libro ecologico ante-litteram, un esperimento volto a cercare un rapporto intimo con la natura e insieme ritrovare sé stessi in una società votata al consumo e alle leggi del mercato. Ritorno alla natura, allo stato di ascolto del sé, per divenire abitanti consapevoli del proprio io e non pedine meccaniche nella grande scacchiera dell'economia del sistema occidentale.
L'autore si ritirò a vivere in una capanna, costruita in parte da sé, sulle rive dl lago Walden in Massachusetts. Racconto naturalistico ma soprattutto intimista. Conclusione: è possibile vivere senza la civiltà, senza essere stretti tra le maglie della società del dare e dell'avere ed essere felici, più felici.
Adorato dalla contro cultura della beat generation, da Ginsberg a Kerouak, Thoreau è rimasto nella posterità per questo taccuino autobiografico e anti convenzionale. Modello di eroe in fuga dalla prigione delle metropoli moderne verso panorami naturali e territori boschivi, è ritornato spesso nella narrativa contemporanea. Nello straordinario film Into the Wild, - nelle terre selvagge di Sean Penn, viene citata la frase tratta dal libro "Non l'amore, non i soldi, non la fede, non la fama, non la giustizia... datemi solo la Verità."
polange

IL FUTURO DI MARC AUGE'


La storia non finisce mai, per fortuna... mai lasciare l'ultima parola a coloro che coltivano la disparità, che sbarrano le porte del futuro con la disuguaglianza, l'accesso negato al sapere, la riduzione in stato di povertà. Ripartire è la parola d'ordine. Da un atto di creatività, da uno slancio della conoscenza, da un perno irrinunciabile della morale; per quanto possano cambiare i modi e i mondi, dall'analogico al digitale, dalla modernità all'era della Techné, il volto dell'umano è effige immutabile di ciò che attraversa le generazioni e continuerà.

polange





"Questo libro si chiama "Futuro". Ho già scritto libri sullo spazio, sul luogo, sul non-luogo, anche sul tempo, ma qui si trattava di affrontare in modo diretto l'idea dell'avvenire e questo mi è sembrato molto interessante. Il tema è quindi il futuro.


Futuro e avvenire non sono la stessa cosa: il futuro interessa molto la durata quotidiana di ciascuno, dal momento che noi viviamo costantemente il futuro; l'avvenire è più lontano e anche più sociale. C'è una solidarietà interna tra le generazioni e una distinzione tra le generazioni. Direi che oggi c'è una distinzione più forte che mai tra le generazioni, tra i giovani e i loro genitori, nella misura in cui le invenzioni tecniche hanno cambiato il mondo. I giovani hanno vissuto con questi strumenti, mentre per gente della mia età sono acquisizioni. E noi non le consideriamo per quello che sono, vale a dire come parte del loro universo. Anche per questo il dialogo tra le generazioni è utile.
L'arte è un'attività di ordine rituale. E il rito - vista la funzione di rispondere a una fede, in quanto frutto di un'abitudine -non esiste se non aprendosi all'avvenire, ovvero dando il senso di una ripartenza. L'arte è il contrario della ripetizione, sta dal lato della ripartenza. L'atto creativo prodotto da una ripartenza è sicuramente una delle forme più alte di un atto di libertà. C'è una creazione nella lettura e, più in generale, nella ricezione dell'arte. Se ho preso l'esempio di Madame Bovary è perché Flaubert è il romanziere moderno: è quello che parla del niente.
Madame Bovary si suicida, dopo essersi resa conto delle illusioni dell'amore, dell'egoismo maschile...


L'avvenire è per ognuno limitato alla durata della propria vita. In altre parole la morte è l'orizzonte per tutti noi. L'eroismo è un concetto interessante che afferma la libertà dell'uomo, ma una libertà contro l'assurdo o il destino. Ciò che forse accomuna tutti gli eroi è il tentativo di costruirsi, nonostante l'assurdo, nonostante la morte. La domanda che ci pone la storia oggi, con la crisi, le questioni sulla globalizzazione, sul senso delle cose, è "perché tutto questo"? Per rispondere a questa domanda bisogna guardare al sapere, alla scienza, perché la scienza è un'attività modesta che non pretende di dare risposte, ma che aiuta a formulare le domande. In questo senso la scienza dovrebbe essere un modello per tutte le attività umane, per la politica, la morale, e la vita individuale stessa. Credo che l'educazione dovrebbe essere una priorità a livello globale sulla Terra. Chiaramente la chiamo "utopia dell'educazione": so bene che non è la direzione attuale visto che la scuola non è più un mezzo di riduzione delle diseguaglianze. Per il momento andremo verso una società di classe planetaria, divisa tra quelli che saranno vicini al potere e al sapere, quelli che saranno solo consumatori e quelli che saranno esclusi dal sapere e dal potere. Non può però essere l'ultima parola.
C'è, da parte di quelli che sanno, o che cercano di sapere, un bisogno di conoscenza che non si fermerà. In altre parole la storia non è finita. C'è la rappresentazione dell'umanità in ogni uomo: non può lasciarci indifferenti sapere che progrediremo nel dominio della conoscenza. E possiamo sempre sperare che questi progressi nel dominio della conoscenza ricadranno sull'avvenire di tutti. "


Marc Augè,  FUTURO, Bollati Boringhieri, 2012

mercoledì 10 ottobre 2012

STORIE



Corrado Augias e Michela Marzano a "Le storie" su RAI3...fermo lo sguardo sul video all'ora di pranzo e mi sorprendo una volta di più di una trasmissione condotta con tanto garbo, con rispetto quasi sacrale per l'espressione linguistica pura e lo stile direi nobile del dibattere. Molte volte, in questi anni, mi è capitato di imbattermi in essa, esempio di pacatezza e di decoro . Le luci soffuse nello studio non solo sono d'ausilio alla fine elaborazione del pensiero ma, come sottolineano i sottotitoli che scorrono, sono dovute al risparmio energetico. Ieri mi sono fermata a seguire lo scambio di pensiero tra la filosofa Michela Marzano e il sobrio conduttore. Tutto al di sopra dello stridore televisivo che induce a spegnere l'aggeggio e a cercare il silenzio. Il tema è interessante: " in una società dominata dalla diffidenza e dalla paura cosa resta del valore della fiducia? ". In conclusione però, la filosofa adottata dalla Francia scambia un congiuntivo per un condizionale e garbatamente il signor Augias la riprende come un professore con l'allieva. Corregge la frase impropria e la giovanissima filosofa sorride quasi rasserenata: "è andato tutto bene finora, sono stata perfetta...meno male che ho sbagliato, dice - vuol dire che sono umana!"

giovedì 4 ottobre 2012

ACCADE







Accade
che le affinità d’anima non giungano
ai gesti e alle parole ma rimangano
effuse come un magnetismo. É raro
ma accade.
 
Puó darsi
che sia vera soltanto la lontananza,
vero l’oblio, vera la foglia secca
piú del fresco germoglio.
Tanto e altro puó darsi o dirsi.
 
Comprendo
la tua caparbia volontà 
di essere sempre assente
perchè solo così si manifesta
la tua magia. Innumeri le astuzie
che intendo.
 
Insisto
nel ricercarti nel fuscello e mai
nell’albero spiegato, mai nel pieno,
sempre nel vuoto:
in quello che anche al trapano
resiste.
 
Era o non era
la volontà dei numi che presidiano
il tuo lontano focolare, strani
multiformi multanimi animali domestici;
fors’era così come mi pareva
o non era.
 
Ignoro
se la mia inesistenza appaga il tuo destino,
se la tua colma il mio che ne trabocca,
se l’innocenza è una colpa oppure
si coglie sulla soglia dei tuoi lari. 
 
Di me , di te 
tutto conosco,
tutto ignoro.
 .
Eugenio Montale



martedì 2 ottobre 2012

RADICI







“ […]Quando si parte alla scoperta di se stessi e delle radici del proprio essere, ci si incammina per i sentieri di un continente dove le leggi della logica servono a ben poco. Perché la realtà è troppo complessa per essere rinchiusa all'interno di un sistema perfetto: nella vita, i conti non tornano quasi mai. […]

Michela Marzano

il 29 settembre al Torino Spiritualità, 29 settembre, 2012



Caro Diario



Caro diario, sono felice solo in mare, nel tragitto tra un'isola che ho appena lasciato e un'altra che devo ancora raggiungere.
Nanni Moretti, Caro Diario







DE-SIDERIBUS






Se riusciamo ancora a generare uno scarto tra il desiderio e il suo referente  forse siamo in salvo... quale nesso più tenace tra de-sideribus,  privato di stelle, e "desiderare", restare in attesa,  con sguardo leggermente trepidante nella preveggenza di una stella che sveli, che disveli e che risolva?  E' in questo spazio sempre incolmabile tra il non sapere e l'ambizione profonda a conquistare costellazioni del sé perennemente in ombra che si gioca la partita dell'io, la posta temeraria  di chi interrogando scavalca i punti di domanda e si porta al largo, nel cuore dell'Oltre. 



polange









Mi sembra di volere, ma che cos'è che voglio?



Desidero che cosa? Non lo so.



E' come quando d'estate alzo gli occhi



al cielo sperando di vedere una stella



che cade, o che potrebbe cadere, incerta



dei miei voti mi affido pigra a quell'ambigua



parte di me segreta, separata da me,



da me dimenticata nel mio retrobottega



che forse tiene ancora in sé, se c'è,



la forma originale, lo stampo del piacere



e a voce chiusa dico: si compia ciò che voglio



si avveri il desiderio. Anche se non lo so



non lo conosco, la stella lei lo sa,



perché è lontana.






Patrizia Cavalli



La musica, si sa, è stellare anch'essa, è de-sidera, una traettoria dell'anima, un'armonia che lascia gemmare lo spirito, "musica come tutto ciò che soddisfi desideri e aspirazioni:" secondo la derivazione del termine dal verbo greco μῶσθαι (desiderare, aspirare a...) dal quale Platone avrebbe fatto derivare il termine "musa". E allora, niente di più antecedente alla poesia, niente di più anticamente affine all'io, quando il linguaggio si fa solo suono e il canto incanta, e siamo già appunto, in mare aperto, al largo,dentro l'Essenza.


John Coltrane, You don't Know What Love is,  13 novembre, 1962
 McCoy Tyner (p); Jimmy Garrison (b); Elvin Jones (d)



Billie Holiday, That Ole Devil Called Love, 1944, registrazione da vinile





lunedì 1 ottobre 2012

TIME FOR THINKING




















Ci vuole una vita per costruire una vita. Discernere esperienze, tessere sogni, incontrare il meglio e il peggio, uscire entrare dai circoli chiusi della memoria, sedimentare linguaggi e  modalità dell'agire, innalzare sguardi e interrogare gli astri, gli altri, lo straniero che è nel profondo. 
Attimi che si affastellano, le ore, i giorni, gli incontri conclusi e mancati, le chiuse del pensiero, le peripezie della mente...ora. Ora è la trama finissima e ricca di ciò che siamo in qualsiasi istante. Siamo sempre quello che siamo stati. Saremo il nocciolo evoluto di ciò che in ogni istante siamo. Sempre la stessa faccia, sempre lo stesso sguardo, sempre la stessa pelle....diceva Max Frisch che il tempo non ci cambia. Ci schiude soltanto.








polange