martedì 19 febbraio 2019

ISTRUZIONI PER L'USO DELLA GIOIA


Polange comincia così il nuovo anno, prosegue il viaggio interiore, in direzione sempre ostinata e contraria, verso l'Itaca che sarà. 
Fare del proprio respiro bellezza, dei propri passi un destino.  La casa davanti alle onde. I viaggi servono a ritornare. A tornare a se stessi. Non ci sottraiamo al vento e al sole in viso, alla quotidianità e al ristoro di un canto che è la nostra voce. 


Abbiamo scelto dove restare. Lontano dalle beote folle, il più vicino possibile allo stupore del vivere che nulla e nessuno potrà sottrarci. L'innocenza muore, l'ingenuità un po' bambina giace sul selciato insieme ad un cuore frantumato, ma quel suono di dentro che risuona nella serietà e nella leggerezza, dopo anni di  incredulo, muto dolore ha ritrovato una voce che esprime .   E' presto per la gioia ma non è mai troppo tardi per un sorriso a quell'angelo ferito che mi rappresenta che ho proposto in copertina di questo blog. Sorrido a me, a chi mi sta intorno e con gentilezza crea ponti e condivisioni e intese. Sempre  integri, interi, anche quando capita di essere disintegrati dando fiducia alla gente sbagliata  nei posti sbagliati della vita. Siamo umani e abbiamo dignità e anima, carne e sangue, un cuore che pulsa. E abbiamo parole, gesti e occhi per “vedere” chi ci sta di fronte. . Angela resta ad occhi aperti. E va dritta per Il suo cammino. 



L'opera è di Lorca, artista sensibile e ispirato, la seconda opera del 2019, "L'angelo ferito" il titolo, e non poteva descrivere meglio uno stato vitale che si prospetta come cammino in solitudine verso una nuova "fioritura della carne, un maggio nelle ossa, un aprile negli occhi". Soltanto soli, forse, con leggerezza, responsabilità, cura e  pazienza, è possibile abbracciar se stessi e la gioia di esistere. Noi di tutte le stagioni abbiamo sempre amato l'estate, la straordinaria maturità del sole allo Zenith, il sale e l'acqua marina sulla pelle, il vento tra i capelli e il cielo azzurro, terso, la pienezza del vivere al centro della vita. Ci faremo di nuovo primavera  e poi ancora estate. Danneggiati e rotti sapremo fare del dolore e della cieca distruzione un passo di danza, della crepa una luce, integri sempre. Sempre uguali a noi stessi. Se non possiamo più amare almeno torniamo a nutrire la nostra anima.  Bisogna essere un dono per stare al mondo e per incontrare l'Altro. 

Istruzioni per l’uso della gioia

La gioia non è un risultato,
un fatto, una cosa, un luogo.
La gioia crea spazio, scioglie
fa il vuoto.

Per conservare la gioia non serve
un barattolo, ma un patto,
devi decidere che la gioia
è la strada della tua vita.

Dunque non cercare la gioia
successiva, sappi che te ne basta una,
una qualsiasi. Ecco, tienila, considera
che è la tua casa. 

Il dolore arriverà, ma intanto sappi
che la gioia scioglie nodi
e questo non potrà farlo
L’uragano del dolore, il dolore
ti schiaccia, ti zavorra,
ti fa un mendicante di pesi,
mentre la gioia conosce solo l’alfabeto
della leggerezza.

Non pensarla la gioia, sentila,
è una fioritura nella carne,
è il maggio delle ossa,
l’aprile degli occhi.

Franco Arminio




martedì 12 febbraio 2019

IO E TE

IO E TE DI BERTOLUCCI






Io e te doppio sogno italiano sulla gioventù italiana 2.0. Non credo che la telecamera di Bertolucci sia rimasta ferma agli anni '70. Poco sa di chi attraversa oggi il tunnel dell'adolescenza chi rinviene nella pellicola la solita paccottiglia dei ribelli ch'eravamo. Certo è vero che i giovani non cambiano mai. Si assomigliano con quei brufoli che devastano il viso angelico di un'età fardello insopportabile, implosione confusa di emozioni ciclotimiche difficili da individuare, circoscrivere, canalizzare in un linguaggio che sia comprensibile persino a se stessi. L'inferno della solitudine di chi vive come una condanna il troppo sentire, il dereglement dei sensi che finisce in un sottoscala buio di un palazzo borghese a dare sfogo alla propria voglia di sentirsi vivi. 
Rewind. Dal romanzo del più giovane e disincantato Ammaniti alla telecamera matura e sapiente del più grande regista italiano del Novecento, colui che ha filmato il novecento delle rivolte contadine, la rivolta claustrofobica di un vecchio pazzo e di una giovane sbandata nell' "ultimo tango a Parigi", i "dreamers" cinefili del sessantotto parigino tra Eros, trasgressione e immaginazione al potere e ancora, la ragazza di "io ballo da sola", un'altro viso di adolescente incatenata alla sua stanzetta esplosiva emotivamente. Tuttavia non è così, "io e te" non è un dejà vu con temi cari al regista. È una visione nuova di una adolescenza connessa, wireless e perennemente in cuffia, di adulti scomparsi dalla scena, di ventre di caverna rigenerante, di incontro con l'altro che non è per nulla l'immagine della perfezione che il mondo borghese richiede. Il tunnel da sopravvissuti da the day after e la clandestinità dell'essere vissuti nell'adolescenza trincea che stacca la spina con quei palazzi dalle finestre serrate e cerca con una lente di ingrandimento la scoperta impossibile di un mondo regolato da leggi naturali come quello animale. Il mondo animale ha due forme sottoposte a studio, lo strano animale che chiuso in gabbia disegna un infinito con il suo percorrere centimetri di uno spazio negletto e le formiche organizzate in una società ordinata, operosa, mai sbandata. C'è tanta psicoanalisi nella pellicola, dall'incipit nello studio di uno psicologo che è maschera del il regista stesso, il suo alter ego . Sedia a rotelle, la scala a chiocciola ritratto della più celebre fotografia e del sogno di avvitamento della società borghese, fino allo scavo su quei piccoli delitti familiari che fanno di quei due ragazzi quelli che sono, o forse no. Paura di vivere al fondo o troppa fretta di vivere in due immagini di gioventù che ritiene di esser sbagliata quando è tutto intorno sbagliato perchè murato al loro reale sentire, incapace di trovare voce. E la voce arriva con un pezzo di David Bowie, che sembra scritto proprio per quei due volti nella catacomba della borghesia del 2012. L'odddity space ordito, la stranezza nello spazio, l'astronauta perso nello spazio che non riesce a tornare a casa sulla terra e lancia segnali di soccorso alla base terrestre diventa ragazzo solo, ragazza sola nella versione italiana di Mogol. Anno 1970. Le cuffie che prima lanciavano i Muse ora ci ricordano con una stretta vitale con l'abbraccio impacciato e disciolto in poesia che sì, c'è sempre una via di uscita dal cunicolo. Basta volerlo, per salvarsi, basta cercarsi. Ed è l'alterità che ci scopre, l'altro che ci illumina.



Soundtrack: Ragazzo solo, ragazza sola, versione italiana testo di Mogol, di Space Oddity , cantata dallo stesso David Bowie. 1970







L'ANIMA SI SCEGLIE...





















L'anima si sceglie la propria compagna 
Poi chiude la porta 
così che la maggioranza divina 
non possa più turbarla 
Impassibile vede i cocchi che si fermano
laggiù al cancello
Impassibile vede un Re inginocchiarsi
alla sua soglia
Io so che tra tantissimi
L'anima ne scelse uno
Per poi sigillare come fossero pietra
le valve della sua attenzione.



- Emily Dickinson





* "Continuum, di Lorca,2019

LUOGO COMUNE DEL QUARANTENNE






















LUOGO COMUNE DEL QUARANTENNE


Quindicimila giorni secchi sono passati,
Quindicimila occasioni che si sono perse,
Quindicimila soli inutili che sono nati,
Ore su ore contate
In questo solenne ma grottesco gesto
Di dare corda ad orologi inventati
Per cercare, negli anni smemorati,
La pazienza di andar vivendo il resto.

José Saramago

MACHADO






Sei con me dunque? Nella mano sento

un doppio battito e il cuore mi grida

e nelle tempie mi assorda il pensiero:

sí, sei tu che fiorisci, che resusciti.




(Antonio Machado, in "Poesia d'amore del Novecento", Crocetti Editore)




chi non ha nuotato
sotto i ghiacci
non sa
come batte il cuore

POTATURA




Chissà perchè, sempre Pessoa, ancora Pessoa ... questi pensieri sono rimasti in memoria, tra le bozze del blog. La potatura, l'arte del tagliare, dell'aspettare, del crescere e del curare, coltivare. Gli occhi aperti, esser consapevoli e aprire le mani e donare e nutrire ... 

È così difficile descrivere ciò che si sente
quando si sente che si esiste veramente,
e che l’anima è un’entità reale,
che non so quali sono le parole umane
con cui si possa definirlo. 


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Così come laviamo il nostro corpo dovremmo lavare il destino, 
cambiare vita come cambiamo biancheria: non per provvedere al sostentamento della nostra vita, come col cibo e col sonno, ma per quell’ estraneo rispetto per noi stessi che giustamente si chiama pulizia.

Fernando Pessoa

RITORNO A SE’ - RITROVIAMO LA BELLA VOCE DELL’ANIMA


















  • Dopo tre anni polange, cioè io, ritorno al mio blog letterario, culturale, spazio di curiosità , libera condivisione di emozioni, pensieri, mente e cuore e anima. I fiori sbocciano quando è il tempo. Non prima. Bisogna attendere. Aspettarsi. Coltivarsi. E scoprirsi. Conoscersi. Divenire consapevoli di sé, di quello che c'è intorno, fuori, e di quello che c'è dentro, in fondo, nel buio, nell'ombra. E integrare . Integrare la conoscenza che scandirà un tempo differente da ciò che eravamo ieri. Il tempo della maturità e della pace, della forza e del coraggio. Bisogna attendere se stessi. Continuamente. 
    La vita non ci cambia, ci schiude soltanto, mi ripeteva un amico poeta quando avevamo vent'anni e questo concetto di Max Frisch ci pareva insondabile. Diventiamo quello che siamo. 


    I post di oggi 12 febbraio, sono le bozze rimaste sospese nel 2015. Versi che avevo letto e che mi avevano nutrita. Le immagini sono quelle rimaste in un vecchio iPhone. La credibilità di un essere umano la si guadagna con tutta la sua esistenza. Poveri i poveri di spirito e i brutti nell’anima, i traditori di se stessi. Avete imparato negli anni che le perle ai porci non si danno. Restiamo umani. Che bello il futuro con la pace dentro in compagnia di se stessi e del mondo.