mercoledì 30 giugno 2010

IMPARARE A NUOTARE

A poco serve restare a riva come quei cormorani impediti nel volo dal catrame, risultato drammatico dell'agire scriteriato di chi non ha che denaro per misurare la vita sulla terra, il valore indifferente di ogni oggetto e di ogni umano intorno. L'Italia degli ultimi anni somiglia a quei volatili ai quali è stato sottratto il cielo e consegnati ad un goffo passo sulla terra,impeciati,rattrappiti e spaventati.
polange


«Per vent’anni abbiamo vissuto sotto l’ala di un turbine: globalizzazione economica e trasformazione politica. Due metamorfosi insieme: post-industriale e post-democristiana. L’Italia di oggi ci restituisce per mille segni l’immagine di un Paese provato, che perde colpi di continuo. E soprattutto con un motore politico penosamente inadeguato, incapace di autentica innovazione, che non fa nulla se non pasticciando, e alla fine non sembra concepire altra missione tranne la pura conservazione di se stesso e del ceto che lo controlla. Ma altre volte siamo stati capaci di riagguantare all’ultimo istante il filo della nostra storia. La posta in gioco è troppo importante per rassegnarsi, e dopotutto siamo qualcosa di più di un piccolo angolo di mondo.»

Aldo Schiavone (da L'Italia contesa, 2009)


Forse, bisognerebbe acuire la vista e scorgere uno spiraglio, sperare una speranza,immaginare un inizio, riempire gli interstizi di senso e di agire, riconquistare le passioni, blandire il futuro con parole nuove non solo di sdegno ma anche di deciso, fiero riscatto... dentro il disastro dell'etica, del pensiero e del tessuto civile, costruire un racconto differente, una Storia che illumini.
polange

"Nel cuore del Paese si sta aprendo un enorme spazio vuoto – non soltanto di politica, ma di pensiero e di autoidentificazione civile. Bisogna tuffarcisi dentro e nuotare. Nuotare molto."

Aldo Schiavone (da L'Italia contesa, 2009)

CHI SCOMMETTE SUL FUTURO DELL'EUROPA?


È cominciata con la crisi in Grecia, poi il maxi-scudo da 750mila euro contro la speculazione in Borsa, poi le giornate nere con gli attacchi ripetuti alle piazze di Milano e Madrid e poi ancora le riforme e il “regime controllato” dei conti pubblici degli stati nazionali. Cosa sta accadendo all’Europa? È colpa di qualche ditino incauto sui terminali di Wall Street? Colpa delle invise agenzie di rating oppure di un complotto del mercato speculativo ai danni delle moneta unica europea? Sul terreno tutto virtuale della finanza globale sembra essersi mossa l’offensiva all’economia reale degli “stati sovrani” europei nel tentativo di far saltare il banco. Questa volta si gioca con gli hedge funds congegnati per scommettere in maniera scellerata sul collasso debitorio dell’eurozona. Che la Grecia fosse solo la punta dell’iceberg lo si era capito dal fatto che dopo il via libera agli aiuti le Borse avevano continuato la loro pericolosa discesa e le divisioni mostrate all’interno degli stati membri, comprese le esitazioni un po’ spocchiose della Germania, davano la conferma di quanto percepito nei santuari della finanza: la debolezza politica dell’Unione Europea.
Il difetto genetico dell’Unione Europea risiede nella sua costruzione che ha prodotto una moneta, l’euro, senza stato e senza governo. Maastricht con la sua clausola di esclusione si è rivelato una gabbia e il patto di stabilità nient’altro che una serie di indicazioni senza nessuna vera autorità di sorveglianza. Nella società mondiale del rischio, in cui ogni paese è connesso, non esistono élite che si salvino, tra l’altro, gettando a mare la zavorra, come la Germania aveva pensato di fare nel caso greco. Il Vecchio continente si mostra così impigliato in altre logiche rispetto a quel progetto democratico visionario che i padri dell’Europa avevano sostenuto e in parte realizzato.
Dal manifesto di Ventotene di Altiero Spinelli fino al venerdì nero delle borse sembra concludersi una stagione iniziata con il sogno di un’area comune ispirata agli alti valori democratici e finita nell’euroscetticismo di “piccole patrie” dominate da grandi egoismi. L’impasse di una unione di stati nazionali potrebbe trovare soluzione soltanto in un ritrovato progetto unitario, una sfida della quale parla Joschka Fischer, il ministro degli Esteri tedesco quando rilancia l’idea dello Stato Europa, una entità geopolitica in grado di sbaragliare le disuguaglianze e le discriminazioni in un disegno condiviso che coinvolga i cittadini e la politica, non incagliato nelle secche dei mercati o dei burocrati di palazzo. Insomma, la paura del tracollo sembra spingere l’Europa verso quel grande e antico sogno di un reale “governo” della moneta unica. Solo così il cammino inceppato dell’Unione troverebbe la sua ripresa. Bisognerebbe che gli stati nazionali cedessero le loro fette di potere e che si impegnassero a colmare le disomogeneità politiche, economiche e culturali nell’eurozona, lanciando strategie di azione ispirate alla cooperazione piuttosto che al mero particulare. Le misure draconiane in campo finanziario chieste ai paesi membri meno virtuosi non apparirebbero così una punizione inflitta dagli stati “virtuosi” e operosi. Anche il padre dell’Europa Jacques Delors considera la mancanza di cooperazione il vero tallone d’Achille dell’Europa. Infatti, il clima attuale è per tutti al limite dell’eurofobia: i britannici disincantati, i tedeschi e i francesi praticamente alle corde mentre ovunque trionfano piccoli nazionalismi ed antichi pregiudizi. Nella storia dell’Unione, dalla gestazione dell’euro fino alla crisi incombente ha pesato sempre il fattore etnico, la differenza antropologica e culturale tra gli stati “virtuosi” e gli stati lassisti (i “Piigs”), per cui da una parte i nordici con il loro rigore e dall’altra greci, portoghesi, spagnoli, italiani fraudolenti per vocazione, geneticamente approntati all’approssimazione. Finché questi pregiudizi e stereotipi troveranno terreno fertile, sorretti da un’opinione pubblica foraggiata da leader politici miopi che cavalcano la paura e l’egoismo, nulla di condiviso e di veramente duraturo potrà aver luogo in Europa. Il laboratorio Europa va rimesso in moto e presto perché gli stati membri sanno bene che, come recita il Manifesto di Ventotene: “la via da percorrere non è facile né sicura – ma deve essere percorsa e lo sarà".

Angela Poli