mercoledì 15 maggio 2019

E QUINDI USCIMMO A RIVEDER LE STELLE






É tutto così semplice, elementare. Fuori dalle tempeste inutili e dai torchi vani c’è la quotidianità, la pace, la gioia vera, solida. In solitudine. Il cuore ha ripreso il suo battito regolare, il corpo segue le leggi antiche  dell’universo, il pane, l’acqua, il sole al mattino, la pioggia al pomeriggio,  il libro la sera, tutto é quello che deve essere. Con leggerezza. Con razionalità. Con senso del concreto. 

La ragione  prende per mano le ragioni del cuore ed é tutto semplice. Tutto va bene. Sorrido. The greatest love of all is learning to love yourself. Esco a riveder le stelle. Quando si fluisce col proprio fluire tutto va bene, siamo quel che siamo, e va bene cosí. 
Il dolore nasce dal non rispettare se stessi.
Riappropriarsi della propria vita, niente sentimenti che turbano, niente paura, essere se stessi, seguirsi, amarsi. Chiarezza e ragione. Il sole in una mano. 
Io non ho la verità in tasca, non ho leggi scolpite nella pietra, non ho il segreto della felicità: quel poco  che so l’ho imparato sulla mia pelle. A viso nudo e scorticato. Per me sola vale. Alzo gli occhi. Conosco la mia geografia, la mia storia, la mia passata stupidità da ingenua credulona e la franchezza che mi rende vulnerabile.  Non fa nulla. Ho la mia dignità, imparo a difendermi se é il caso. Che troppo buoni ci prendono per scemi. 
Dice un antico detto giapponese : la vita é cadere sette volte e rialzarsi otto. Nulla temo. 

“E QUINDI USCIMMO A RIVEDER  LE STELLE” , 

l’ultimo verso del canto dell’Inferno di Dante.  
Dante e Virgilio escono dall’Inferno, 

 “ per quel cammino ascoso 
intrammo a ritornar nel chiaro mondo;
e sanza cura aver d'alcun riposo,

salimmo sù, el primo e io secondo,
tanto ch'i' vidi de le cose belle
che porta 'l ciel, per un pertugio tondo.

E quindi uscimmo a riveder le stelle.”




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