venerdì 8 giugno 2012

PAROLE

Ho apprezzato davvero alcuni di questi pensieri "mattutini" della scrittrice Mariapia Veladiano. Pensieri inanellati quasi quotidianamente a memoria d'un vivere cosciente e desto. Linguaggio rigoglioso e solare appuntato su singole parole che  sarebbe bene riscoprire. Giornalieri post-it  del presente per chiunque desideri varcare muri e superfici ancora una volta ad occhi aperti.


GRATITUDINE

C'è oggi un vivere ignaro, come se fossimo nati senza essere cominciati, solitari abitanti di un deserto di sentimenti, nel folle dimenticarsi di aver padri e madri del corpo e dello spirito.

Esserci noi, le nostre idee, la nostra vita, il nostro agire diritto e determinato e veloce e senza confini. Noi e il mondo, noi contro il mondo.

Vivere in assenza, sventura che non conosce compianto. Solitario affermarsi, uno su mille. Lasciando a parte chi ci ha dato. La cura, le parole, la vita. O un'esperienza che ci ha disegnato per sempre. Eppure dimenticata, abbandonata, persa nell'ebbrezza dell'inchino superbo al nostro sfaldarci d'amore per noi.

Intossicati di sé. Overdose di un io smemorato e noncurante. Ingrato appropriarsi di quel che abbiamo senza merito alcuno ricevuto.

Come si fa a vivere così? A coltivare l'illusione di esser sufficienti dall'origine, senza fratelli e sorelle e madri e padri. Sfida triste e confusa che ci confonde con la confusione del mondo. Non poter dire grazie, e liberarci dal peso di portarci tutti interi. Non conoscere la leggerezza di dividere la storia, nostra e del mondo. Camminar leggeri. Esser grati.

La gratitudine è questo vivere accompagnati. Preceduti, regalati, mai soli.


SCARTI

Oggi gli scarti son moltitudine.

Si scarta il cibo ormai passato, ed è un vero peccato innaturale, nuovo, che passa inosservato, come quelli che fan tutti e non si vedono quasi più.

Per i vestiti la coscienza è già più chiara. Scartati, i vestiti vengono solennemente recuperati, certo, da qualche parte altrove, e saperlo o immaginarlo ci fa sentire un po' più buoni. In fondo, non erano nemmeno così sciupati.

Con le ipotesi andiamo tranquilli. Le abbiamo scartate tutte, per non sbagliare, e le certezze, poche e fidate, ci tengono compagnia, un cerchio selezionato che tutti ci cinge e rassicura. Certi che chi viene scartato dalle fabbriche non saremo noi, né dalle pensioni o dalle liquidazioni, e che nella media che ogni giorno consultiamo, noi avremo sempre il pollo intero ben saldo per le zampe. E poi, di sicuro, le zampe le scartiamo.

C'è poi chi di scarti ci vive. Moltitudini intere, ci mostra la tv, cose da non vedere, che allora la paura davvero può arrivare. Ottocentomilioni, ufficiali, li hanno contati. Come li potremo contenere se la furia loro dilaga, le coste nostre sono infinite, gli eserciti ormai esangui e le parole umane quasi scordate?


Pietre scartate saranno le testate d'angolo del nostro futuro. E che la loro umanità sopravanzi la nostra e ci perdoni.



RICOMINCIARE

Ad essere civili? A controllare le parole che pronunciamo irrimediabilmente? A raccontare storie che ci fanno abbracciare?

A ricordare. Quel che molti ci hanno offerto. E i desideri che frullavano le nostre mattine. Senza misura e durata. Promesse di tutte le creazioni possibili.

A ostinarsi, e a non lasciare che la furia d'esistere di cui ci sapevamo felicemente impastati si lasci sfumare dall'abitudine a pensare pensieri comuni, desideri di tutti, circoscritti di sicurezze, troppo presto diventati cemento di muri alla cui ombra adattarsi, invece che pensieri dispersi, consegnati e ritornati freschi con la grazia e la larghezza di un campo di nuovo fiorito senza sforzo alcuno dalla polvere invernale.

Ricominciare dopo essere stati frodati di tutto, incompiuti, inflitti, mancanti, senza un bene da rivendicare, un bambino da accudire e grazie al quale dimenticarsi, senza essere eroi, con la grazia unica, tutta nostra, ricevuta e forse per un poco dimenticata, di poter osare tutta la libertà, santi non necessariamente, ma divini sì, in quella vita ricevuta che è per sempre nostra, forza, luce, in fondo, dentro, che esce quando non l'aspettiamo, ma la vogliamo, e ci fa ricominciare quando tutto sembrava perduto.


Mariapia Veladiano, da Articoli apparsi sulla Rubrica quotidiana "Ma come tu resisti, o Vita?" su "Avvenire"


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