domenica 3 febbraio 2013

DEATH, THOU SHALT DIE



John Donne, secolo XVI, aveva vissuto praticamente tutto quel che c'è da vivere. E molto aveva imparato. Da libertino sfrenato e poeta di liriche amorose barocche a devoto dell'amore totale che lo condusse alla rovina sociale ed economica. Sposò in segreto Ann More, la nipote del barone Thomas Egerton di cui Donne era segretario e questo gli costò posto di lavoro e reputazione. Da quel giorno, visse felice e in povertà. Alla morte della moglie nel 1617, affranto dal dolore, prese i voti nella chiesa anglicana e divenne Diacono della Cattedrale di St. Paul a Londra. I suoi sermoni incantavano i londinesi, i suoi Sonetti Sacri furono pubblicati postumi, nel 1633. 
Quella di Donne fu chiamata poesia metafisica, una mescolanza di passioni e intelletto dove il linguaggio ricco e figurato esprime emozioni, secondo la definizione di T.S. Eliot, attraverso l'uso del "correlativo oggettivo".  

Il sonetto N. 6 di John Donne "Death be not proud"

Morte, non esser fiera, pur se taluni
T’abbiano chiamata terribile e possente,
Perché tu non lo sei                               
ché quei che tu credi di travolgere, non muoiono,
povera morte, né tu puoi uccidermi,
Tu schiava del fato, del caso, di Re e di disperati
Tu che ti nutri di guerre, veleni e malattie
Oppio e incantesimi ci sanno addormentare ugualmente e meglio di ogni tuo fendente
Perché dunque insuperbisci?
Trascorso un breve sonno, veglieremo in eterno
 e morte più non sarà, morte tu morrai 






Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.