mercoledì 21 luglio 2010

I PERSONAGGI DI ROMANZO


In Dizionario dei personaggi di romanzo, Bufalino si diverte a ritrarre con la sua prosa mirabile e barocca i destini delle creature di carta che tutti conosciamo, da Don Chisciotte all’Innomable di Beckett, e giustifica così in una indimenticabile e ironica introduzione la sua scelta apparentemente bovina alla Bouvard e Pecuchet:


“ Come ogni appassionato di squartamenti – tigre ircana o critico strutturalista – il compilatore di antologie è individuo nocivo, da fidarsene poco. Di lingua subdola, di mano spiccia, di smisurata superbia, egli meriterebbe il bando dalle pubbliche biblioteche, se la sua oepra non si rivelasse provvidenziale nelle emergenze di apocalisse prossima ventura, quando non ci vuol meno dei suoi coltelli da cuciniere per fornire ai clienti delle catacombe il Libro dei Libri, surrogatorio d’ogni altro, tascabile lingotto di lacerti pressati, da nascondere in fretta nella valigia, fra una borraccia e il rasoio, subito dopo lo quillo della prima tromba del cherubino. Siamo tanto? E’ probabile, i roghi di Fahrenheit 451 li abbiamo già visti divampare per prova sulla pagina e sullo schermo; e in quanto al calendario 1984, credo che il proto abbia cominciato da tempo a licenziare le bozze. Ahimè, a quel che sembra, i poeti sballano solo le profezie più ottimistiche, mentre non falliscono mai né un diluvio né una caduta di Troia. Sicchè a questo punto prudenza vuole che ognuno si nomini da solo Deucalione e Noè, e metta mano a salvare almeno un compendio dello scibile che più gli preme. Del romanzo, in particolare, i simulacri dei personaggi più memorandi, così come ci vengono incontro sulla soglia, mentre provano i gesti dellìesordio e fanno amicizia col lettore, col caldo della vita, con la voce che li battezza. Un arbitrio, lo sappiamo (ma eluderlo sarebbe più difficile che condannarlo); un arbitrio e un azzardo: sottoposti a una chirurgia tanto efferata, estirpati dal traliccio di vicende che li sorregge e li nutre, umiliati in un’arida fila indiana, cronologica e alfabetica, è inevitabile ch’essi finiscano col comporre un album di sinopie burocratiche e utilitarie; qualcosa come un casellario giudiziario o una vetrina di farfalle, ciascuna col suo spillino nell’addome imbalsamato; se non addirittura uno di quei campioni di veneri venali che si esibiscono in visione ai commendatori in trasferta…Toccherà infine al lettore, se Dio vuole, giustificare manomissioni così disinvolte , quando sappia giovarsene a ricomporre, non diversamente da un fossile o da un calco pompeiano, le fattezze della figura originaria; e a cucirsi con le singole pezze un solo grande romanzo-arlecchino, un film-monstre dall’ineguagliavile cast.
[…] Ci troviamo un tal caso alla presenza di quelli che si è convenuto di chiamare “eroi culturali”, archetipi solenni e stazioni carovaniere, poste a scandire lungo le piste del tempo la musica senza fine dell’uomo. Lord Jim, Crotcaia, Tartarino, Ukiko Makioka…così rispondono, se a caso li chiamiamo per nome, gli abitanti di questo territorio invisibile: la nostra patria più vera. Averli messi in fila qui di seguito come parole di un simultaneo discorso, avrà giovato almeno a sancire la loro obbligatoria complicità e interazione reciproca. Quasi fossero l’anagrafe di una sola mitopea gigantesca, scritta da una sola innumerevole mano, e fra loro si amassero, colluttassero, grandando chiedessero a tutti i costi di vivere e di somigliarci.” (G. Bufalino)

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