domenica 7 febbraio 2010

LA GRANDE ANIMA DELL'INDIA


Articolo scritto e pubblicato da me nel novembre 2009:

Quando pensiamo all’India ci viene subito in mente l’immaginario fiabesco tessuto dagli arditi viaggiatori occidentali appassionati esploratori alla ricerca dell’anima di quel territorio delle meraviglie, impervio e sconfinato, descrittori sapienti di colori e impressioni che nel loro racconto affascinato di fachiri,rubini, maharajà ed elefanti, si mescolano allo stupore davanti ad un universo immobile e al tempo stesso brulicante di umanità, diseguaglianze, splendore e miseria.


A questo fotogramma classico frutto dello stereotipo occidentale, subentra oggi il video in accelerazione delle tentacolari metropoli commerciali e finanziarie in corsa per realizzare il sogno di un miracolo economico che ha trovato motore propulsore nell’armamentario tecnologico, nei palazzi alti della finanza connessa in maniera inscindibile al reticolo globale del Libero Mercato. La globalizzazione non ha risparmiato neppure questo subcontinente che girava lento nella sua orbita di paese più o meno equidistante dai conflitti del secondo dopoguerra, capofila dei paesi non allineati ai tempi della Guerra Fredda. Ma anche per l’India, quell’evento che cambiò la vita a tutti noi cittadini d’occidente, quel muro abbattuto a Berlino nel 1989 che mutò l’assetto geopolitico del mondo spostandone gli assi dal conflitto Est-Ovest alla disparità tra Nord e Sud, quella cortina che non c’è più, ha significato l’ingresso nel grande meccanismo del neoliberismo globale. La “Shining India”, la grande nazione di un miliardo e centomila abitanti, leader mondiale nel software informatico, delle megalopoli pulsanti dentro la frenesia globale dell’accumulo di ricchezza e di capitali è il racconto della postmodernità, la narrazione contemporanea della trasformazione territoriale e antropologica di un paese dalle dimensioni gigantesche ancora ingabbiato tuttavia nella rigidità di un sistema neofeudale di caste e religioni che produce dinamiche feroci. Il paese dei monsoni ha preso quota nel terzo millennio sposando la posticcia sacralità del denaro sempre guadagno di pochi, blindati e ipercorredati di ultramoderna tecnologia, accerchiati da più di 300 milioni di poveri, gli esclusi e i dimenticati dal boom economico che sopravvivono, con meno di 1 euro al giorno, ai margini di questo nuovo impero.


Le sorridenti star di Bollywood producono a ritmi impressionanti un’altra versione contraffatta dell’India, una nuova mitologia materialista e spesso pacchiana, che converte la nazione in moneta sonante da battere e far valere sul tavolo verde del mondo.Il vero volto dell’India, quello narrato anche da Arundhati Roy, scrittrice e giornalista indiana, autrice del bestseller Il Dio delle piccole cose, è ben diverso dall’immagine patinata e supermoderna offerta a noi occidentali. Nel cuore dell’impero economico che vanta un Pil dell’ 8% all’anno dal 2004, si avverte lo stridore raggelante della diseguaglianza, la miseria nera degli slums delle megalopoli, la gabbia della povertà senza redenzione nei villaggi. Moltissime le piaghe sociali davanti alle quali ci si sente impotenti: la dilagante corruzione politica e degli apparati dello stato, l’analfabetismo, le tensioni etnico-religiose, il numero impressionante di suicidi tra i contadini stritolati dall’usura e dagli espropri, la guerriglia maoista, il terrorismo di matrice islamica. I movimenti popolari nascono nei villaggi dove la miseria è rimasta miseria, sorgono sospinti dalla necessità di coniugare modernità e progresso con un passato complesso, una storia di sudditanza e riscatto dalla Raj britannica, di orgogliosa indipendenza e grande difficoltà a tenere insieme i pezzi di quella che è oggi considerata “la più grande democrazia del mondo”. Per questo l’India è laboratorio per tutte le moderne democrazie, con la sua contorta molteplicità è fondata sul principio dello Stato laico e di diritto, sul pluralismo politico e religioso che dovrebbe tenere insieme 28 stati e sette regioni autonome, 23 lingue ufficiali e centinaia di altre lingue, sette importanti religioni e numerose religioni minori, un mosaico di circa 800 gruppi etnici diversi. Molte le pagine buie di questo cammino tormentato con un lungo elenco di scontri tra caste, impuniti massacri di matrice religiosa, settarismo indù e fame e denutrizione a livelli simili a quelli africani.I movimenti non partitici, come quello dell’attivista Aruna Roy nel Rajasthan, il Mkss, raccolgono molta dell’eredità di Mahatma Gandhi, la lezione di una democrazia “inclusiva”, che comprende il villaggio più remoto, l’ultimo uomo da raggiungere e coinvolgere nel processo di crescita democratica, che muove da una richiesta assoluta di trasparenza e diritto all’informazione nella gestione della cosa pubblica. Le elezioni del maggio 2009 hanno premiato di nuovo il partito del Congresso dominato dai Nehru-Ghandi, la dinastia designata dal Mahatma che ha segnato la storia della nazione con il suo socialismo riformista. L’ultimo rampollo, Rhaul Ghandi sostenuto dalla madre Sonia, incarna oggi il “rinnovamento” sigillato dalla presenza alla guida del Parlamento di una dalit, una “intoccabile”, una donna proveniente dal ceto più basso dei fuoricasta. Ci sarà molto da fare per il neogoverno repubblicano per saldare l’identità “masala” di un popolo e il suo diritto alla dignità. Nel museo di Gandhi a Delhi, si può leggere, inciso nel marmo il talismano che egli donò a Nehru, il suo lascito a tutti i futuri governanti della nazione: “quando avrai dei dubbi, fai questa prova: ricorda il volto dell’uomo più povero e più debole che tu abbia mai visto e chiediti se il passo che stai per fare lo aiuterà, se gli restituirà il controllo della sua vita e del suo destino”.


Sotto il cielo dell’India continuerà la scommessa per la democrazia, tra arcaismo e modernità, ma nessun miracolo economico sarà reale se non porterà con sé l’idea di equità sociale, se non includerà uomini e donne con la loro dignità e i loro diritti inviolabili, frontiere non negoziabili di ogni società che desideri sopravvivere senza smarrire la propria anima.

Angela Poli alias polange

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