lunedì 3 maggio 2010

I MODELLI , LA RIVOLTA E L’ABBANDONO





Pensavo: tra la libertà e la costrizione vi è un passaggio stretto che porta alla rivolta lucida e definitiva come quella di uno strappo dovuto a chi ci ha segnato, guidato e offerto dei modelli. La condizione dell’essere che si affranca dai modelli per divenire se stesso è al tempo stesso una libertà e un abbandono.
L’essere che resta dentro i gangli dell’autorità e dei modelli, mentali, culturali, filosofici e politici è destinato alla necrosi, all’immobilismo che non disegna forme di vitalità scorrevoli né inventa mondi e possibilità di esistenze. Nel pubblico e nel privato, scegliersi ha sempre un prezzo, è una libertà che libera e che imprigiona nelle maglie di un “io” che si offre alla navigazione a mare aperto, alla solitudine e all’abbandono, alla ricerca di nuove isole, di altre esperienze fuori dall’egida asfittica del totalitarismo ammorbante dei modelli.

Nelle Mosche di Sartre il dialogo tra Oreste e Giove è quello di un essere che vuole essere se stesso e un Dio che intrappola e non comprende come mai si possa non ubbidire alle sue leggi, alla sua persona. Oreste non cede se stesso e la sua libertà in cambio di un po’ di sicurezza. Ne avrà guadagnato la vita.

Oreste: Straniero a me stesso, lo so. Fuori della natura, contro la natura. Senza scusa, senza’altro senza rifugio che in me. Ma non ritornerò sotto la tua legge: io sono condannato a non avere altra legge che la mia. Non ritornerò alla tua natura: mille strade conducono a te, ma io non posso seguire che la mia. Perché sono un uomo, Giove, e ogni uomo deve inventare la propria strada. La natura ha orrore dell’uomo, e anche tu, tu, sovrano degli dei, hai orrore degli uomini.

Giove: E’ vero. Quando gli uomini sono simili a te, io li odio.

Oreste: Sta’ attento: hai confessato la tua debolezza. Io non ti odio. Che abbiamo in comune, tu e io? Passeremo uno accanto all’altro senza toccarci, come due navi.Tu sei un Dio, io un uomo libero: egualmente soli ed eguale è la nostra angoscia. Chi ti dice che io non abbia cercato il rimorso durante questa lunga notte? Il rimorso. Il sonno. Ma io non posso pià aver rimorso. Né dormire. (una pausa)

Giove: Che conti fare?

Oreste: Gli uomini d’Argo sono i miei uomini. Devo aprire gli occhi a costoro.

Giove: Povera gente! Stai per donare a questi tuoi uomini solitudine e vergogna, per strappare il panno con cui io li avevo ricoperti e mostrargli d’un tratto la loro esistenza, la loro oscena e sciocca esistenza, che hanno avuto in cambio di niente.

Oreste: Perché negare a costoro la disperazione che è in me, poiché tale è la loro sorte?

Giove: Che ne faranno?

Oreste: Quello che vorranno: sono liberi e la vita dell’uomo comincia al di là della disperazione.

Polange

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