mercoledì 24 marzo 2010

LA BIBLIOTECA DELLE IMMAGINI MAI VISTE



«Io ascolto senza guardare e così vedo»
Pessoa

"Le immagini non sono più quelle di un tempo. Impossibile fidarsi di loro. Lo sappiamo tutti. Lo sai anche tu. Mentre noi crescevamo le immagini erano narratrici di storia e rivelatrici di cose. Ora sono tutte in vendita con le loro storie e le loro cose. Sono cambiate sotto i nostri occhi. Non sanno più come mostrare noi. Hanno dimenticato tutto. Le immagini vengono vendute al di là del mondo, Winter, e con grossi sconti. [...] Io amo davvero questa città. Lisboa e c’è stato un tempo che io veramente l’ho vista di fronte ai miei occhi. Ma puntare una cinepresa è come puntare un fucile e ogni volta che la puntavo mi sembrava come se la vita si prosciugasse dalle cose. E io giravo, giravo, ma ad ogni colpo di manovella la città si ritraeva. Svaniva sempre di più, sempre di più. Come il gatto di Alice. Nada. Stava diventando insopportabile. Dio lo spavento che mi ha preso. A questo punto ho cercato il tuo aiuto. E per un po’ ho vissuto con l’illusione che il suono potesse salvare il giorno, che i tuoi microfoni potessero strappare le mie immagini dalle loro tenebre. No, non c’è speranza. Non c’è speranza per nulla, Winter. Non c’è speranza, Ma questa è la strada Winter e io voglio percorrerla. Ascolta. Un’immagine che non sia stata vista non può svendere nulla. È pura e perciò vera e meravigliosa. Insomma innocente. Finché nessun occhio la contamina è in perfetto unisono con il mondo. Se nessuno l’ha guardata, l’immagine e l’oggetto che rappresenta, sono uno dell’altra. Sì, una volta che l’immagine è stata vista l’oggetto che è in essa muore. Ecco, Winter, la mia biblioteca delle immagini non viste. Ognuno di questi nastri è stato girato senza che nessuno guardasse attraverso la lente, Nessuno li ha visti mentre venivano impressi. Nessuno, dopo, che li abbia controllati. Tutto quello che ho ripreso, l’ho ripreso alle mie spalle. Queste immagini mostrano la città com’è e non come vorrei che fosse. Insomma queste sono nel primo dolce sonno dell’innocenza. Pronte per essere scoperte da generazioni future con occhi diversi dai nostri. Non preoccuparti amico saremo morti da un pezzo".

[La biblioteca delle immagini mai viste – Lisbon Story Wim Wenders 1994 ]

Il mondo così com’è e non come vorremmo che fosse … un percorso inverso, l’unico in grado di restituire vita alla vita, quello proposto in Lisbon Story, dove l’occhio non forgia il taglio dell’immagine né il suo senso ma sparisce in ciò che non vede e non può vedere. La lente, oggetto senza attore, crea una semantica sconosciuta che racconta di altri oggetti, un universo che sfugge all’umano e che forse potrà raccontarlo nell’innocenza del distacco più radicale, nel “non esserci” e “non interpretare”, nel mondo che si spiega da sé … Tutto ciò per sottrarsi all’immagine commercializzata, al ritratto devastato e svilito da un occhio che non è più capace di guardare né di narrare ma solo di vendere e confezionare mentre la realtà si allontana, si ritrae con i rivoli chiaroscuri che ne costituivano l’irrinunciabile esegesi. La strada da percorrere è l’oblio dell’occhio antropico, alla canna di fucile della macchina da presa, killer evidente del reale per difetto di umanità dell’umano non può che opporsi il glaciale sguardo della lente senz’iride, aspettando bulbi oculari che facciano sponda dal futuro al fine di tradurre il puro non visto e a rendere grazia alla grazia. Wenders anticipa nel 1994 la questione di questo nuovo decennio, un tempo in cui gli umani si vanno oggettivizzando e l’oggetto è capace di animarsi di vita propria, un interscambio che un giorno lontano,lontanissimo per noi, forse potrà ricomporsi e ritrovare il suo giusto posto.
Nel suo film è il suono, la musica dei Madredeus a segnare ancora l’impronta dell’umano, sono i rumori della città di Lisbona a dilatare il senso del reale e dell’immaginifico sprangati in una visione ormai cieca e strabordante di assenza .
polange






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