martedì 22 ottobre 2013

LA VOCE DELLA SPECIE



Mariangela Gualtieri. Nessuna voce poetica della contemporaneità adopera le parole con una energia rinnovata e allo stesso tempo sostanza verbale del passato migliore. Versi che marcano stretto, che non lasciano la presa dell'anima, anzi, la stringono per moltiplicare il senso dell'esistere. Le parole dell'indicibile, mai intere, mai a rappresentanza totale dell'io, sempre sostitute del vero io eppure disossate, asciugate, mondate dal quotidiano linguaggio del banale prolisso, sono l'unico segno portato in superficie da cavità di solitudine dell'anima in attesa. Strapparsi alla specie, tradire le compagnie per ascoltare i moti dell'inesprimibile, "in attesa vigilata delle sillabe" che rompono silenzio e non dicono comunque. Perché? Quanta voce é utile, quanta inutile? Parole vane da risparmiare, parole lette, proferite, ascoltate, dimenticate, parole fallimento dell'essere perché nulla dicono di un dentro che le supera. Il mettersi da parte e tacere é il solo gesto poetico che raccorda l'inconciliabile, l'opzione paradossale dell'aforisma di Wittgenstein, il poco é molto se si cammina in un deserto. "Sostanziate righe fulminanti" fanno transitare la voce da un qui a lí.

polange

da “Per solitario andare”

Credo mi dolga questo essermi strappata
alla specie e poi messa qui di lato
in attesa vigilata delle sillabe.
Io credo mi dolga questo stare
abbandonata lateralmente
nel sospeso del mondo
a catturare
pezzi di una voce che ancora butta giù
e dice le sostanziate righe fulminanti.
Io credo mi sentano come traditore
i compagni per questo mio piantare in asso
con modalità or inusuale
nel parlottio cellulare. Stiamo
in stretta vigilanza, in un darci la voce
continuamente in questo deserto.

Mariangela Gualtieri

VOLVER... voci...tornare, ritornare, voltare, volgere, rivolgere,accompagnare...







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